(dal libro Alpini una famiglia)
Grande e puro eroe della Resistenza è il Legionario Trentino, Capitano degli Alpini Gianantonio Manci, nato a Trento il 14 dicembre 1901.
Discendente dalla nobile casata dei conti Manci di Trento, che annovera tra i suoi membri eroici garibaldini e patrioti, Gianantonio Manci cresce fin dai suoi primi anni in un ambiente ricco di ideali irredentistici e di fervore patriottico.
Frequenta il ginnasio italiano di Trento e allo scoppio della guerra 1915-1918 fugge da Trento con la famiglia per andare profugo a Firenze. Qui continua le scuole col fratello Sigismondo finché passa a Milano per completare gli studi di ragioneria. Nel contempo si fa attivo propagandista della neo costituita «Giovane Italia», società segreta risorta per far rivivere nei giovani studenti gli ideali politici di Giuseppe Mazzini. A 15 anni fugge di casa per arruolarsi a Cuneo, ma, data 1'età, viene rimandato indietro.
Dopo Caporetto, il 24 ottobre 1917 si arruola come Legionario e frequenta la Scuola Ufficiali di Caserta, da cui esce nel 1918 con il grado di sottotenente. Non arriva a raggiungere il fronte perché nel frattempo la guerra finisce. Così viene inviato a Merano e Bolzano per compiervi il servizio di prima nomina.
Nell'estate del 1919 accorre a Fiume, con 1'amico Gigino Battisti, si arruola con i Legionari di D'Annunzio e prende parte alla marcia di Ronchi e alla presa di Fiume. Con D'Annunzio rimane fino al 1920.
Come ragioniere ed esperto commerciale, nel periodo fra le due guerre mondiali, lavora nello studio degli ingg. Sardagna e Tschurtschenthaler e successivamente svolge la propria attività presso grandi aziende commerciali e industriali.
Fin dal 1917 svolge azione di propaganda repubblicana e nel 1924 con Gigino Battisti, figlio del Martire, si iscrive all'Associazione Combattenti «Libera Italia», vigilata e avversata dal fascismo. Suo ideale è «una repubblica democratica ove la libertà di coscienza e di religione, di parola e di stampa, di riunione e di associazione siano garantite nel modo più sicuro e i diritti dell'uomo, civili e politici, solennemente affermati».
(V. Beppino Disertori «Gianantonio Manci» - ed. Te mi - Trento 1946, e «Gianantonio Manci nel ventennio del sacrificio» - ed. della Pro Cultura – Trento 1966).
Gianantonio Manci saluta con piacere, ma insieme con grande preoccupazione gli eventi del 25 luglio 1943. Egli sa che momenti duri per la nostra terra devono ancora arrivare. La sua azione si fa più intensa e vasta, per divenire eroica dopo 1'8 settembre, cioè dopo la costituzione con le Province di Bolzano, Trento e Belluno, dell' Alpenvorland.
Capo della resistenza armata nel Trentino, organizza incontri e tiene contatti a Milano, Padova, Bolzano.
Il suo studio si trasforma in centro motore della cospirazione e della lotta clandestina. Ma i suoi movimenti e la sua attività, apparentemente legati ai suoi impegni commerciali, destano i sospetti della Gestapo e il 27 giugno 1944 egli viene arrestato a Trento con altri partigiani.
Sottoposto ad estenuanti interrogatori e ad indicibili torture, non rivela i nomi dei suoi collaboratori, finché esausto e forse non più sicuro di poter resistere ad ulteriori torture, si dà stoicamente la morte saltando da una finestra dell'ultimo piano della sede della Gestapo a Bolzano (Palazzo del IV Corpo d'Armata).
Con questa suprema ed eroica decisione il Martire salva la vita di numerosi combattenti della libertà e le fila dell'organizzazione
Alla sua memoria viene concessa la Medaglia d'Oro al V.M. alla memoria, con la seguente motivazione:
Gianantonio Manci - capitano alpini - partigiano
Educato alla scuola dei sommi apostoli dell'irredentismo, fece suo il credo che rese bello il morire per la Patria. Animatore e trascinatore di popolo, seppe fondere energie e volontà per la redenzione dell'Italia da asservirnenti e tirannidi. Nel nuovo risorgimento italiano, seguendo gli ammaestramenti degli avi, prese il posto additatogli dai martiri che lo precedettero nel sacrificio. Vile delazione lo dava nelle mani dei nemici che invano frugarono il nobile animo e piuttosto che procurare ad essi la sadica gioia di vederlo lentamente morire, dalla finestra della prigione si lanciava a capofitto nel vuoto bagnando col sangue generoso la terra della Patria, che dal vermiglio amplesso fu fecondata per le future glorie.
Bolzano, 6 luglio 1944.